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Più Anni alla Vita, ma meno vita agli anni?

L’Italia, dopo il Giappone è il paese più ‘vecchio’ al mondo: nel 2020 il 7,5% della popolazione ha più di 80 anni, ma alcuni studi recenti rivelano che si è allungato il periodo di vita nel quale si è costretti a convivere con una o più patologie croniche, che possono incidere negativamente sulla qualità dell’esistenza.

Gli studi evidenziano che gli anni vissuti in un cattivo stato di salute o in condizioni di disabilità stanno aumentando, comportando quasi un trentennio, mediamente, di vita all’insegna di una qualche disabilità.

Guardando in dettaglio al nostro Paese, le prime dieci cause di disabilità sono (in ordine decrescente di diffusione): l’Alzheimer, l’ipoacusia, i dolori cervicali, patologie muscoloscheletriche, il mal di schiena, la cefalea, gli stati ansiosi, le cadute, il diabete, i disturbi depressivi maggiori.

L’anticipazione delle disabilità e delle malattie croniche getta ombre sull’evoluzione futura non solo della qualità della vita, anziana e non, ma anche della stessa longevità.

Attualmente si stima che in Italia si spendano, complessivamente, circa 66,7 miliardi per la cronicità; stando alle proiezioni effettuate sulla base degli scenari demografici futuri elaborati dall’Istat ed ipotizzando una prevalenza stabile nelle diverse classi di età, nel 2028 la spesa sfiorerà i 71 miliardi di euro (secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le malattie croniche sono “problemi di salute che richiedono un trattamento continuo durante un periodo di tempo da anni a decadi e richiederanno l’impegno di circa il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale).

Naturalmente non si tratta solo di costi economici: occorre agire sulla prevenzione, sull’accesso a servizi tempestivi di alta qualità, sull’informazione per aumentare nei cittadini la consapevolezza dello stretto rapporto tra gli stili di vita e salute.

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